domenica 2 dicembre 2012

A colpi di cemento armato


Continua l’assalto alla città a suon di accordi di programma, vendite di terreni comunali ed edificazioni abusive. Il Bene Comune rimane per alcuni solo un mero slogan elettorale ed i cittadini pagano lo scotto infinito di amministrazioni scellerate che dilapidano prima e svendono poi un territorio ormai al collasso che ha ormai solo un vago ricordo delle sue millenarie Tradizioni culturali e agricole.
La Rete dei Beni Comuni Raffaele Marchetti sta cercando di opporsi in ogni modo a questo sfacelo e lo scorso 16 novembre grazie all’incontro pubblico “Quale Territorio” molti argomenti sono stati affrontati ed è lampante che le giustificazioni addotte dai cementifica tori “loro malgrado”, sono soltanto scuse. C’è un altro modo di gestire il Territorio e di certo un PRG disegnato a macchia di leopardo evidenzia più che una sana politica, un modo malamente celato di quietanzare cambiali elettorali.
Nell’incontro citato abbiamo avuto la partecipazione di due noti professionisti del settore: l’Ing. Paolo Berdini e l’Arch. Fabrizio Pistolesi. Di quest’ultimo vogliamo riportare qui di seguito alcuni punti sostanziali della lettera che lo stesso ha inviato all’amministrazione comunale di Velletri in merito all’area ex Co.Pro.Vi. ed al progetto in essere.
·        “Alcuni numeri per capire: in essa (la Variante al P.R.G. n.d.r.) si presumeva una popolazione di 74.349 abitanti totali al 2010, a fronte dei poco più di 53.000 residenti attuali. Venne calcolata una capacità residenziale all’interno dei nuclei abusivi di 12.273 abitanti e tale dato fu usato nel dimensionamento del piano. In realtà l’abusivismo era ed è ben più rilevante. Con riferimento alla base cartografica del 2001 vennero perimetrati 251 nuclei abusivi, di cui poi soltanto 123 inseriti nella Variante, e rilevati 7.319.765 metri cubi per la destinazione residenziale pari a circa 73.198 abitanti in essi insediabili. Il fatto poi che Velletri venga citata nei recenti libri e articoli, sulla stampa nazionale, come esempio negativo per la presenza di circa 4.000 immobili fantasma, nascosti al catasto e al fisco, fa capire che il problema, non solo è sottostimato, ma è ancora in atto e lungi dall’essere risolto.”
·        “A fronte di un patrimonio edilizio esistente così esuberante rispetto alle reali necessità e di un altrettanto ragguardevole ampliamento di cubatura già previsto nella Variante e solo in minima parte realizzato, perché in un’area così delicata come quella dell’ex Co.Pro.Vi., dove già i manufatti esistenti possono essere quasi raddoppiati, grazie alla generosa concessione della Variante, si ritiene oggi strategico ed utile alla collettività l’elargizione di ulteriori 10.605 metri cubi ?”
·        “ … il tombamento del tracciato ferroviario …. permette al privato il reperimento degli standard urbanistici altrimenti problematico in un’area di soli mq. 18.724?”
Questi alcuni dati ed alcuni interrogativi ai quali l’amministrazione comunale non ha mai dato risposta. Nel frattempo si continua a costruire, anche al di fuori della legge.
Rete Beni Comuni Raffaele Marchetti

Qui di seguito il documento integrale dell'arch. Fabrizio Pistolesi

Urbanistica partecipata, ossimoro veliterno.
Sto seguendo con attenzione il dibattito sull’accordo di programma riguardante l’area dell’ex CoProVi ed in particolare le affermazioni dell’assessore all’urbanistica Orlando Pocci e della sua entusiastica aspettativa per la riqualificazione dell’area e per il miglioramento del traffico, particolarmente caotico in quella zona. L’assessore, che ritengo persona corretta e in buona fede, ha in varie sedi segnalato: “il rispetto del Piano regolatore generale e l’uso di strumenti in deroga alla pianificazione generale, con coinvolgimento pubblico- privato ai quali molti Comuni, tra cui Roma, fanno ricorso spesso per portare benefici per la città e i cittadini”.
Capisco che l’argomento non sia di facile comprensione per i non addetti ai lavori, e quindi mi permetto di fare alcune semplici considerazioni sia rispetto al metodo che al merito.
Inizio dal merito:
Come si può affermare che uno strumento nato per andare in deroga ai piani urbanistici possa rispettare il P.R.G.? L’articolo cita correttamente la cubatura realizzabile con l’accordo di programma in 55.718 metri cubi di cui 29.050 commerciali e 26.668 residenziali. La vigente Variante Generale al P.R.G. attribuisce, a detta area una cubatura realizzabile già eccessiva di mc. 44.573 in sostituzione degli esistenti mc. 27.073, su una superficie di appena 18.724 metri quadrati.
E’ vero che altri comuni, tra cui quello di Roma, fanno ricorso a volte -fortunatamente non così spesso- all’uso di programmi complessi, nel quale ambito ricadono gli accordi di programma, ma tale impiego viene limitato esclusivamente a condizioni di particolare interesse pubblico e sempre con riferimento a un quadro d'insieme di opere, contenute in un documento programmatico che disegna e individua le tappe di sviluppo futuro della città: un Piano Strategico, senza il quale necessariamente viene a perdersi il controllo nell’azione di governo del territorio.
L’assessore, nel suo intervento nel Consiglio Comunale del 24 aprile scorso - che ho potuto vedere in streaming, senza filtri o opinioni di parte, grazie al servizio messo a disposizione dal gruppo veliterno degli “Amici di Beppe Grillo” sul loro sito internet- ha fatto riferimento alla Delibera di Consiglio Comunale che stabilisce le linee e i criteri per l’attuazione dei Programmi Complessi nel Comune di Velletri ai quali l’accordo si conforma.
Non ha detto invece che tale delibera risalga ormai al 26 marzo 2003 e venne concepita su input dell’assessore Favale, con presupposti totalmente differenti dagli attuali. In quel momento era vigente il P.R.G. del 1976 e risultava adottata la Variante Generale al P.R.G. che venne poi approvata nell’anno 2006. In quel regime, qualsiasi progetto doveva rispettare la condizione più restrittiva tra i due strumenti urbanistici, presupposto che rendeva allora irrealizzabile la quasi totalità delle opere, dando ragionevolezza all’atto. Ciononostante quella delibera venne contrastata in modo vivace, fino al voto contrario in Consiglio da parte di Costanzi, Cugini, Ciafrei, Leoni, Pocci, Rossi, Felici e Guglielmi, molti dei quali ora, non solo la ritengono congrua, ma la utilizzano per i propri obiettivi, trascurandone però i presupposti che prevedevano di: “ avviare un insieme organico, coordinato e concreto di interventi, ... non più a pioggia o in forme discontinue, bensì coinvolgendo la capacità di investimento dei privati in assoluta trasparenza, anche attraverso strumenti di evidenza pubblica e a mezzo di specifici bandi” (estratto della delibera).
Da poco tempo la Variante al P.R.G. ha compiutamente sviluppato il suo iter, con l’approvazione definitiva delle tavole, stabilendo dove debbano essere realizzate le nuove cubature, con quale destinazione e in quale misura. Qualsiasi stravolgimento di equilibri già precari, porterebbe ad annullare la funzionalità del piano, atteso che, come ammesso dall’assessore Pocci, parecchie delle cubature previste non hanno avuto finora realizzazione per le colpevoli lungaggini dell’amministrazione nell’approvazione di piani di dettaglio, come ad esempio il Piano del Commercio. Equilibri precari perché la Variante di P.R.G., progettata da tecnici estranei al territorio e incaricati con la logica della spartizione politica, è stata artatamente sovradimensionata con previsioni di incremento demografico dimostratamente errate.
Alcuni numeri per capire: in essa si presumeva una popolazione di 74.349 abitanti totali al 2010, a fronte dei poco più di 53.000 residenti attuali. Venne calcolata una capacità residenziale all’interno dei nuclei abusivi di 12.273 abitanti e tale dato fu usato nel dimensionamento del piano. In realtà l’abusivismo era, ed è, ben più rilevante. Con riferimento alla base cartografica del 2001 vennero perimetrati 251 nuclei abusivi, di cui poi soltanto 123 inseriti nella Variante, e rilevati 7.319.765 metri cubi per la sola destinazione residenziale pari a circa 73.198 abitanti in essi insediabili. Il fatto poi che Velletri venga citata nei recenti libri e articoli, sulla stampa nazionale, come esempio negativo per la presenza di circa 4.000 immobili fantasma, nascosti al catasto e al fisco, fa capire che il problema, non solo è stato sottostimato, ma è ancora in atto e lungi dall’essere risolto.
Viene quindi da chiedersi:
a fronte di un patrimonio edilizio esistente così esuberante rispetto alle reali necessità e di un altrettanto ragguardevole ampliamento di cubatura già previsto nella Variante e solo in minima parte realizzato, perché in un’area così delicata come quella dell’ex Co.Pro.Vi , dove già i manufatti esistenti possono essere quasi raddoppiati, grazie alla generosa concessione della Variante, si ritiene oggi strategico e utile alla collettività l’elargizione di ulteriori 10.605 metri cubi? Nessuno ha pensato, né allora né ora, che in quell’area così vicina a scuole di ogni ordine e grado, dirimpetto alla caserma Salvo D’Acquisto, fiore all’occhiello della nostra città, così problematica per il traffico nelle ore di punta, invece dell’ennesimo supermercato, centro commerciale e la bellezza di 120 nuovi appartamenti, potesse invece trovare luogo un auditorium, un centro culturale e associativo di cui la città è priva da sempre?
La politica miope del “palazzinaro” che con gli oneri concessori rimpingua le casse del Comune, se perpetrata non provocherà, come purtroppo sta già avvenendo in realtà urbane a noi vicine, il graduale abbandono degli immobili già esistenti nel centro storico e fuori, visto che costruire il nuovo costa molto meno che ristrutturare, con ulteriore spreco di suolo e perdita di qualità, sicurezza e valore del patrimonio edilizio esistente?
E ancora, l’opera di bonifica con il tombamento del tracciato ferroviario antistante il campo sportivo, che dovrebbe riguardare le ferrovie dello stato, è così strategica e indispensabile per lo sviluppo futuro di quel brano di città, tanto da imporre qualsiasi sacrificio, oppure permette al privato il reperimento degli standard urbanistici altrimenti problematico in un’area di soli mq. 18.724?
Tutto ciò non è dato sapere, perché alla nostra politica non interessa ispezionare gli scenari possibili del territorio, lavorare in sinergia e ragionarne con i cittadini, i professionisti, le associazioni e le imprese sui futuri probabili e sui futuri auspicabili. Preferisce decidere autonomamente, in nome di una rappresentanza fittizia, senza neanche attendere i risultati delle sue commissioni consiliari, sperando poi nell’indifferenza.
Riguardo al metodo
Il rapporto tra urbanistica e politica vede quasi sempre piegarsi la prima ai bisogni e alle volontà della seconda non riuscendo in maniera corretta a programmare il futuro della città e della comunità che in essa vive. In questo intreccio dove viene relegata la democrazia? L’urbanistica partecipata di cui tanto ci si è riempita la bocca anche a Velletri, nell’ultima campagna elettorale, è qualcosa di realizzabile soltanto in alcune “isole felici” in cui amministrazioni illuminate riescono a capire e interpretare i fabbisogni reali di sviluppo della città in maniera condivisa, compatibile e sostenibile?
La comunità dovrebbe di diritto essere coinvolta nelle azioni che regolano e amministrano le trasformazioni fisiche e funzionali del territorio in cui vive. Programmare lo sviluppo della città con l’urbanistica significa programmare il futuro della comunità, con scelte quasi sempre definitive, che condizioneranno, nel bene o nel male la qualità della vita delle generazioni future.
La partecipazione è quindi il presupposto della democrazia nei processi urbanistici.
Viene da chiedersi perché, dati alla mano, non si attiva anche da parte dei media una consultazione pubblica per capire se questo è il “modus operandi” che i cittadini chiedono alla politica che dice di rappresentarli. Non sarebbe prioritario, prima di imbarcarsi in scelte così importanti e irreversibili, discutere di un progetto complessivo di riqualificazione di una città che ormai è quasi invivibile per il traffico, la mancanza congenita di servizi, l’assoluta assenza di offerta culturale e attrazione turistica? Non dovremmo in maniera preminente puntare sui pochi “gioielli di famiglia” finora salvaguardati dalla speculazione, come l’area dell’ex mattatoio, i conventi di San Francesco e del Carmine,l’area a parcheggio sotto l’ospedale, l’ex carcere e forse, perché no, le aree artigianali dismesse per stimolare un effettivo, graduale recupero del centro storico e della periferia?
Mi accorgo di aver impropriamente citato le aree artigianali in un comune in cui, l’artigiano per dare ricovero alla propria attività deve ricorrere o all’abusivismo, o al patto delle colline romane, oppure trasferire la propria attività a Cisterna, a Genzano o a Pavona, come già hanno fatto molti, nell’indifferenza congenita della politica.
Silvano Bassetti, architetto e assessore all’urbanistica di Bolzano, in un suo articolo del 2004 “L’urbanistica partecipata: ossimoro o tautologia?” scriveva: “la partecipazione è un esercizio complesso di democrazia reale. Non ce la regala nessuno e non è un optional. Va costruita pazientemente sulla conoscenza, sulla responsabilità, sulla distinzione dei ruoli, sulla trasparenza. Per quanto mi riguarda l’urbanistica partecipata è una fatica su cui mi sento di rinnovare il mio impegno”.
Ma Bolzano è dall’altra parte dell’Italia rispetto a Velletri.
Fabrizio Pistolesi

sabato 1 dicembre 2012

La mattanza del Mattatoio


Nel programma elettorale dell’attuale giunta c’era il recupero dell’ex Mattatoio a fini pubblici: un’idea non nuova, già presente nel programma elettorale di Ciafrei, negli anni ’90. Un’ottima idea, quella di destinare un bene pubblico a fini culturali e di recuperare in modo utile un edificio storico. Ci eravamo illusi che si potesse attuare in piccolo l’operazione urbanistica realizzata a Bologna, dove l’ex macello è stato destinato a spazi per la didattica e la ricerca; certo nel capoluogo emiliano c’è stato un intervento articolato e complesso attraverso l’architettura, che riesce a stabilire senso e adeguatezza agli elementi urbani e a ristabilire una lettura storica della città. Ma siamo a Velletri e qui si pensa, secondo le notizie riportate dalla stampa locale, di demolire e ricostruire il manufatto per farne un supermercato e appartamenti.
Nel recente convegno organizzato dalla Rete dei Beni Comuni "Raffaele Marchetti" del 16 novembre abbiamo rilevato che a Velletri esistono abitazioni sufficienti per 80.000 abitanti a fronte di una popolazione di poco più di 50.000: questa nostra affermazione, supportata da interventi di tecnici del settore, non è stata confutata da nessuno, in nessuna sede. Eppure dalle notizie riportate dai settimanali locali sembra che si voglia continuare a costruire abitazioni in ogni lembo di terreno rimasto libero e, addirittura creando nuove superfici con l’operazione di tombamento della ferrovia. L’area Amore, dove dovrebbe sorgere una piccola Corviale, persino 1660 metri quadri di terreno della Cantina sperimentale dovrebbero ospitare edifici con cubature enormi, per non parlare di altre lottizzazioni.
L’uso del condizionale è obbligatorio, ma, in attesa di avere le documentazioni necessarie per fare un’analisi approfondita e puntuale del futuro assalto al territorio ci chiediamo: a chi serve altro cemento, data la più che sufficiente offerta delle abitazioni esistenti? Forse a mettere in sicurezza denaro? E’ possibile andare avanti senza una visione globale di insieme, muovendosi all’interno della logica del bene comune, delle esigenze reali della popolazione e non della salvaguardia dell’interesse di pochi? Torneremo sull’argomento nella convinzione che è possibile ancora fermare “le mani sulla città”.

La Spinosa
28 novembre 2012